18 NOVEMBRE 2016
“Questa non è birra”. Un amico di Pesaro, che propone la nostra birra, ci ha raccontato che in occasione di un assaggio della nostra Koi, interpretazione dello stile Milk Stout, una sua cliente reagì così. Non era certa che quella che stava assaggiando fosse birra. Non ci ha stupito più di tanto. Siamo consapevoli che per un palato italiano, non particolarmente appassionato di birra, è più semplice identificare una lager, o una weiss, come birra. Il mondo delle scure, delle “stout”, delle “porter”, è un mondo poco comune. Questo post è dedicato proprio a chi di quel mondo conosce poco: merita di essere scoperto.
LONDON BRIDGE IS FALLING DOWN
E’ un mondo sospeso tra la Gran Bretagna e l’Irlanda, dove ci si riscalda bruciando torba nella stufa, dove i banconi sono rigorosamente di legno, dove fa buio presto e insieme al nero della notte scende ogni giorno una nebbia bagnata di pioggia, a coprire i Docks del Tamigi o del fiume Liffey.
Un mondo popolato di operai, di facchini, di portuali, persone che su quello che bevono non scherzano.
Paura? Non preoccupatevi, non sta per entrare in scena Jack The Ripper. State semplicemente per conoscere uno tra gli stili di birra più amati da chi ama davvero la birra.
LE ORIGINI DELLA STOUT
Lo stile “Stout” nasce in Gran Bretagna, tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, e viene considerato una sorta di stile gemello dello stIle “Porter”, con il quale ha parecchi punti in comune. Può risultare molto difficile distinguerle, anche perché i luoghi di nascita ed evoluzione sono per entrambI l’Inghilterra e l’Irlanda. Le Porter erano letteralmente le birre nate per gli scaricatori di porto dei Docks di Londra e di Dublino (appunto “porters”), che esigevano pinte di birra forte per concludere degnamente la giornata.
Erano e sono tuttora birre ad alta fermentazione che acquisiscono il colore scuro grazie all’utilizzo di malti tostati, in alcuni casi di cereali tostati, e che non risultano particolarmente floreali o profumate, poiché tra gli ingredienti annoverano soprattutto luppoli tradizionali inglesi, terrosi ed erbacei. (In generale, nel Regno Unito i protagonisti delle birre sono i malti, e i luppoli recitano una parte minore, più che altro di conservazione).
Inizialmente il termine “Stout” veniva utilizzato insieme a “Porter”, ed indicava una qualità della Porter più forte e in un certo senso pregiata. Da un certo punto in poi, ed è molto difficile tuttora scoprirne il motivo, il termine Stout ha decisamente prevalso sul termine Porter, crediamo anche per merito di un certo Sir Guinness, produttore di birra irlandese. Oggi la differenza tra Stout e Porter è che la prima utilizza malti più tostati, o utilizza in generale una maggiore percentuale di malti.
LA LEGGENDA
A proposito del mitologico Arthur Guinnes, c’è una curiosa leggenda sull’origine della birra stout che racconta che sarebbe nata in seguito ad un incendio del deposito di malto della Guinnes, agli inizi dell’attività (XVIII sec.). Visti i tempi, era difficile accettare l’idea di buttare tutto e decisero di provare a produrre la birra utilizzando malto bruciato, e dunque “tostato”. Ovviamente, fu un successo. Non si sa se la leggenda sia vera o meno, ma non è l’unica.
Un’altra a proposito delle stout racconta che si decise di utilizzare il sapore forte e amaro dei malti e dei cereali tostati per coprire il sapore dell’acqua con la quale producevano la birra: acqua che veniva dai fiumi in cui all’epoca scaricavano acciaierie e concerie e che non doveva essere esattamente quello di acqua di fonte. Verità? Bugia?
Difficile dirlo, ma di certo tutto questo contribuisce a creare il mito delle Stout.
LA STOUT OGGI
Le Stout in Inghilterra e Irlanda sono tuttora birre amate e bevute in ogni momento della giornata, insieme all’altra grande famiglia inglese, le Pale Ale. L’immagine dell’uomo, di ogni estrazione sociale, che dopo il lavoro alle 17 entra in un pub e ordina una “scura” è assolutamente attuale e comune. Vengono utilizzate anche come birre da pasto. (Le scure sono comuni anche in Germania, ma in quel caso si tratta di Bock, di cui parleremo più avanti).
In Italia le Stout sono conosciute soprattutto per merito della Guinness e il consumo non è così frequente. Raro trovare anche un amante della birra che conosca la differenza tra Stout, Porter e Bock. Qui di solito chi ordina una scura ordina una Guinness, probabilmente senza sapere che tra quella che berrà e quella che bevono in Irlanda, c’è una bella differenza.
E’ un gran peccato per le Stout, perché sono birre sorprendenti e da alcuni punti di vista, insostituibili.
CHE SAPORE HA UNA STOUT?
L’elemento più caratteristico ed identificativo della Stout è il sapore di caffè, anzi di caffè d’orzo.
E’ merito dei malti tostati inglesi. Le Stout sono di norma amare, astringenti al palato.
Se versiamo nel bicchiere la KOI si forma subito una schiuma densa, compatta e cremosa, color caffellatte. Profuma di cioccolato e cappuccino. La KOI è una birra morbida, dal caratteristico sapore di cioccolato e caffé.
Come mai la KOI non è amara come la maggior parte delle Stout?
LA MILK STOUT
La nostra KOI è una Milk Stout, ovvero una Stout con aggiunta di lattosio, lo zucchero presente in natura nel latte. Siccome il lievito non riesce a far fermentare questo zucchero (e dunque a trasformarlo in alcool) questo rimane nella birra, e le dona corpo, dolcezza ed elementi nutrienti. Per farvi capire, al palato hanno la stessa differenza che hanno il cioccolato fondente e quello al latte.
Anche le Milk Stout hanno una storia curiosa da raccontare, pensate che proprio grazie alla presenza del lattosio fu considerata a lungo una birra particolarmente ricostituente e rigenerante, e veniva inserita nelle diete delle mamme che allattavano e degli atleti (Bei tempi!).
La nostra KOI dunque risulta un’interpretazione particolare di uno stile di birra di per sé particolare.
KOI è nata perché tutti noi amiamo particolarmente le Milk Stout, e ci eravamo già cimentati con questo stile quando eravamo home-brewers. Praticamente avevamo già la ricetta in mano quando è nato 61cento, e si trattava solo di produrla con il nuovo impianto. Ma perché abbiamo definito le Stout “insostituibili”?
Mi spiace, per scoprire la caratteristica che rende uniche queste birre dovrete portare pazienza, e aspettare la seconda puntata del post dedicato a KOI.